Tomaselle

"TOMAXÆLLE"

Le tomaselle
Tomaxælle, i tipici involtini di carne genovesi

Ingredienti per 4 persone

8 fettine di carne tagliate molto sottili e battute;
200 gr. di piselli olio d’oliva;
1 gamba di sedano;
1 cipolla piccola;
1 carota;
1 bicchiere di vino bianco secco;
brodo vegetale.

Per il ripieno delle Tomaselle:

200 gr. di bietole;
200 gr. di spinaci;
20 gr. di grana;
20 gr. di funghi secchi ammollati in acqua tiepida;
10 gr. di pinoli appena tostati con un goccio di olio d’oliva;
2 uova;
alcune foglie di prezzemolo;
1 rametto di maggiorana;
1 spicchio di aglio;
Sale q.b. .

Preparazione delle Tomaxælle

(testi e ricerche a cura di Francesco Gardella)

“LA RICETTA COME LA INTERPRETIAMO NOI”
(secondo la ricetta di mio Nonno Checchin e sulla base delle Sue argomentazioni)

Preparare un po’ di brodo vegetale. Battere molto bene le fettine di carne. Scottare per pochi minuti le bietole e gli spinaci con la sola acqua del lavaggio e poi tritare e amalgamare insieme agli altri ingredienti. Porre quindi il ripieno realizzato sopra le fettine di carne. Arrotolare le fettine con il ripieno rincalzando gli estremi; legare con il filo bianco. Porre in una casseruola un po’ di olio d’oliva e un trito di sedano, carota e una piccola cipolla; fare rosolare il tutto con gli involtini di carne. Aggiungere il vino bianco secco, i piselli e continuare la cottura versando via via il brodo vegetale caldo. A cottura avvenuta, prima di impiattare, togliere naturalmente il filo bianco.

“CONTROCORRENTE”

I Gastronomi descrivono questa ricetta come costituita da involtini di fettine di carne con un ripieno fatto, in prevalenza, con trito di carne e cotti in salsa di pomodoro; motivano poi la presenza di tale ripieno con la cucina del recupero (riutilizzo degli avanzi dell’arrosto e degli umidi) e ne fanno derivare il nome dal vocabolo (tardo latino) “Tomaculum”= salsicciotto.

Mio Nonno Checchin (nato alla fine dell’ ‘800) era convinto, riprendendo quanto affermava suo padre, che tale interpretazione, anche se praticata da una parte delle massaie Genovesi già nell’ ‘800 (vd. “La Cuciniera Genovese”), fosse fuorviante rispetto alle antiche origini della ricetta e motivava questa sua convinzione con le seguenti argomentazioni:
– in Liguria gli allevamenti di carne erano pochi e quindi la carne stessa molto costosa;
– non aveva senso inserire questa ricetta nel filone della cucina di recupero quando poi era necessario acquistare carne fresca (le fettine);
– le verdure, vere colonne portanti della gastronomia ligure e allora poco costose, non erano in alcun modo presenti;
– il pomodoro era entrato molto tardi nella cucina genovese;
– il vocabolo “Tomaculum” letteralmente “salsicciotto” poteva essere inteso in senso lato anche come “contenitore di ripieno”.

Collocava, quindi, le origini di questo piatto molto indietro nel tempo in momenti di grandissima difficoltà economica; in periodi in cui il brigantaggio e il passaggio di gruppi armati impoverivano ancor più le popolazioni contadine. Per mio Nonno Checchin questi involtini di carne (Tomaxelle) erano preparati per utilizzare la carne degli animali morti accidentalmente e allo scopo di renderli più sostanziosi e abbondanti venivano completati con un ripieno costituito da erbe di campo e formaggio stagionato.

Cenni storici sulle Tomaxælle

In moltissimi libri e pubblicazioni sulla gastronomia ligure si riferisce che le Tomaxelle furono servite ai soldati Austriaci che assediavano Genova.

Ecco quanto scrive testualmente Antonino Ronco nel suo “L’assedio di Genova 1800”:

“… I soldati nemici catturati ricevevano la stessa razione di viveri delle truppe francesi e liguri, mentre gli ufficiali venivano nutriti “alla carta”. Esistono nell’Archivio di Stato di Genova alcuni mandati di pagamento per “Cibarie agli ufficiali prigionieri” assai interessanti. Ne riportiamo un paio a conferma di quanto sopra. Il primo, in data 10 aprile, si riferisce al vitto, per una giornata, per 24 ufficaili austriaci ed elenca il menù, con relativo prezzo, come segue: “pane, vino (amole 2 per ognuno a pranzo e cena); tomaxelle solo a pranzo; baccalà; minestra ; arrengo e insalatta a pranzo e cena; cena ragò; insalatta”. Il conto sarebbe asceso secondo l’estensore a 184 lire, meno uno sconto di 14 lire praticato dall’oste. Un secondo mandato di pagamento all’aiutante Bonelli, per 340 lire, porta la data del 14 aprile ed elenca per i pranzo agli ufficiali austriaci: “minestra, pane, manzo bollito, vitella arrosto, insalatta”; e per cena: “pane, vino, cima piena e insalatta”. Bonelli aggiunge che il comandante ammalato si è accontentato di “fideli, ova, cetroni. …”

Come si può constatare l’Autore parla delle Tomaxelle ma non precisa come erano fatte e con quale tipo di ripieno. C’è da domandarsi: è possibile che in una città assediata spinta sempre più alla fame queste “tomaxelle” fatte di carne fossero anche farcite di carne? Basta poi leggere con attenzione il libro del suddetto Autore e si vedrà che il contesto in cui furono offerte le “Tomaxelle” era rappresentato dalla presenza di alcune migliaia di prigionieri tra cui moltissimi erano gli ufficiali ed il popolo andava già a caccia di topi per sfamarsi. In nessuna parte del Libro di Ronco si afferma che questo fu uno stratagemma per fare pensare agli assedianti che in città ci fosse abbondanza di riserve alimentari, come alcuni scrivono, ma era piuttosto un comportamento che tendeva a far sì che anche i prigionieri Francesi fossero trattati bene dai nemici.

Il fare risalire poi la parola Tomaxelle al tardo latino Tomaculum, che voleva dire salsicciotto, come affermano sempre alcuni autori, potrebbe non essere del tutto corretto.

Ad esempio a Bellinzona (Svizzera) viene proposta una bellissima rievocazione storica presso il Castello di Montebello e tra le varie portate del pranzo in costume vi è: “Tumaculum cum castagna“. Ecco cosa mi ha risposto con grande cortesia e disponibilità il Segretario organizzativo della manifestazione ad una mia e-mail al riguardo:
“Egregio Signore,
grazie per l’interessamento alla ricetta di una nostra portata della cena annuale in occasione della nostra manifestazione di rievocazione medievale. In effetti è molto semplice in quanto Tomaculum non è nient’altro che un cibo conservabile che nella nostra regione ai tempi molto povera era facilmente reperibile.
Infatti “Tomaculum” è il “lardo”. Mentre le castagne sono pelate e lessate in acqua dolce.
Nella speranza di aver esaudito la sua richiesta, colgo l’occasione per porgere cordiali saluti”
Valter Da Col
Segretario de “La spada nella rocca”

Ancora nel Vocabolario Latino Castiglioni-Mariotti c’è il termine:

Tomix o Thomix o Tomex = Corda di Giunco o di Canapa
Questo termine è usato da Vitruvio (1° sec a.C.), da Plinio e da Columella (1° sec. d.C.)
Tutti e tre hanno parlato di questa corda di origine naturale che veniva usata per varie necessità.

Perché quindi non pensare che qualche buongustaio in tempi successivi abbia avuto l’idea di chiamare questo involtino legato con una cordicella con il diminutivo del vocabolo latino Tomex trasformandolo in
Tomaxella = piccolo Tomex = cordicella ?

In conclusione si potrebbe anche pensare che la ricetta delle Tomaxelle riportata da “la Cuciniera Genovese” di G.B. e Giovanni Ratto a cui tutti hanno poi fatto riferimento abbia trascurato un modo diverso di preparare le Tomaxelle; diverso sì, ma, come affermava mio Nonno Checchin e come Vi ho riproposto nella nostra ricetta, quasi certamente presente nella abitudini gastronomiche di molte massaie genovesi di allora.

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